lunedì 7 maggio 2012

Dialogo della Natura e di un Americano


Pubblico di seguito un vecchio racconto scritto e pubblicato sul blog 'La Lapide' nel lontano 2007, liberamente ispirato (quasi riscritto, in verità) dal celebre "Dialogo della Natura e di un Islandese", dalle Operette Morali del Leopardi, sul rapporto tra uomo e natura. Questo testo costituisce una valida dimostrazione del fatto che cinque anni fa scrivevo molto meglio di ora. ;)




Un americano, che aveva vagato per pianure e montagne e mari ed oceani, tanto che la memoria invano incespicava ancora nel tentativo di rimembrare quelle troppe terre vissute, passeggiando tranquillo per i verdi prati d’una foresta monda e pura, vide in lontananza un lago immerso tra le arboree fronde di quel mondo silvano. Dapprincipio fu colto da un senso di stupore misto a maraviglia, tanto era magnifico scorgere un luogo così surreale che sfavillava in quel bel bosco verde pastello, lungi dalla corruzione che in quell’epoca opprimeva le terre abitate dagli uomini.
 
Dunque il guardo lasciò il tempo all’agile corsa che in pochi soffi di vento portò l’americano alla sospirata destinazione. Ivi la vista poteva scrutare innumerevoli ruscelli scivolare dalle montagne donando le preziose acque al lago, ed un unico fiume defluire da quel magnifico specchio d’acqua: grande come le piazze delle capitali dell’est europeo, splendente come gli ori delle cattedrali dell’Europa centrale. Le luci abbacchiate del cielo terso si posavano attorno alle ombre degli alberi, riflessi a decine e centinaia sulle chiare acque dolci di una fresca serata di giugno. Paradisiaca pareva l’immagine dinanzi all’americano, il quale sorrise e si sedette per contemplare ancora un poco quel crespo spettacolo silenzioso.
 
D’un tratto parve che l’acqua iniziasse a muoversi e sbattersi nei pressi della riva, ad un respiro dall’americano, che si alzò di scatto. Vide scivolar fuori un corpo ignudo di donna, esile e scarna. Le dimensioni della minuta creatura rassicurarono l’impavido americano, che si limitò a contemplare i seni acerbi ed il volto impaurito di quell’essere bizzarro.
 
NATURA – Chi sei? Cosa ci fai qui?
 
AMERICANO – Sono un comune americano in cerca di nuovi stimoli, nuove terre da conoscere; vago alla ricerca di nuove scoperte e speranze da condividere.
 
NATURA – Come l’avvoltoio giunge subitamente addosso al cadavere morente, e senza niuna fatica lo fa suo cibo, tu hai dinanzi l’emblema di ciò che vai cercando.
 
AMERICANO – Come? Chi saresti, ragazza?
 
NATURA – Dinanzi a te solo Natura.
 

sabato 5 maggio 2012

In realtà la realtà è ben diversa

Vorrei chiedere una consulenza (filosofica).

Nietzsche nei Frammenti postumi 1885 - 1887 scrive in ottica schopenhaueriana:
"Contro il positivismo che si ferma ai fenomeni: 'ci sono solo fatti', direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare alcun fatto 'in sé': è forse un'assurdità volere qualcosa del genere. [...] Sono i nostri bisogni che interpretano il mondo, i nostri istinti e i pro e i contro".

Facendosi bello di questa teoria, ho sentito sostenere ad un tipo di contro ad un altro: "il muro che ho qui davanti non esiste. Il muro è un fatto ed 'i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni', come la mia che, dovendo passare al di là del muro, vedo in lui un ostacolo; o la tua che, dovendo solo passare qui a fianco, potresti vedere un'opera d'arte nel murales che c'è disegnato".

Tempo fa, Monti ricordava a Viola, a proposito di un suo post, di fare attenzione a distinguere tra la nozione di verità (epistemologica) e quella di realtà (ontologica). Ce l'aveva insegnato il buon Fano. Non sarà pertanto che quando si parla di "fatti" ed "interpretazioni" in questa polemica "Nietzsche vs positivismo" si sia più su un piano epistemologico che non ontologico? Se così fosse, infatti, non sarebbe sbagliato prendersela con questo povero muro dicendogli che non esiste ontologicamente solo perché io ne posso avere un'interpretazione epistemologicamente?!

So che l'enunciato di Nietzsche avrà poi anche valore ontologico - altrimenti non avrebbe avuto senso definirlo irrazionalista. In fondo epistemologia ed ontologia non sono in due pianeti differenti; ma in fondo è altrettanto vero che il loro coabitare assieme in un unico pianeta (cioè la definizione dei loro rapporti) è impresa difficoltosa - tanto quanto la domanda dell'amico di un mio amico: "se io, verità, ho un dito infilato nel di-dietro di te, realtà, chi è che più propriamente ha un dito nel di-dietro?" (ihih). Però io mi chiedevo solo se qui, almeno qui, almeno quando si parla del muro, non sarebbe giusto specificare che si sta parlando della nostra conoscenza del muro...

...grazie per la collaborazione, BUONA SEDUTA!