sabato 5 maggio 2012

In realtà la realtà è ben diversa

Vorrei chiedere una consulenza (filosofica).

Nietzsche nei Frammenti postumi 1885 - 1887 scrive in ottica schopenhaueriana:
"Contro il positivismo che si ferma ai fenomeni: 'ci sono solo fatti', direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare alcun fatto 'in sé': è forse un'assurdità volere qualcosa del genere. [...] Sono i nostri bisogni che interpretano il mondo, i nostri istinti e i pro e i contro".

Facendosi bello di questa teoria, ho sentito sostenere ad un tipo di contro ad un altro: "il muro che ho qui davanti non esiste. Il muro è un fatto ed 'i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni', come la mia che, dovendo passare al di là del muro, vedo in lui un ostacolo; o la tua che, dovendo solo passare qui a fianco, potresti vedere un'opera d'arte nel murales che c'è disegnato".

Tempo fa, Monti ricordava a Viola, a proposito di un suo post, di fare attenzione a distinguere tra la nozione di verità (epistemologica) e quella di realtà (ontologica). Ce l'aveva insegnato il buon Fano. Non sarà pertanto che quando si parla di "fatti" ed "interpretazioni" in questa polemica "Nietzsche vs positivismo" si sia più su un piano epistemologico che non ontologico? Se così fosse, infatti, non sarebbe sbagliato prendersela con questo povero muro dicendogli che non esiste ontologicamente solo perché io ne posso avere un'interpretazione epistemologicamente?!

So che l'enunciato di Nietzsche avrà poi anche valore ontologico - altrimenti non avrebbe avuto senso definirlo irrazionalista. In fondo epistemologia ed ontologia non sono in due pianeti differenti; ma in fondo è altrettanto vero che il loro coabitare assieme in un unico pianeta (cioè la definizione dei loro rapporti) è impresa difficoltosa - tanto quanto la domanda dell'amico di un mio amico: "se io, verità, ho un dito infilato nel di-dietro di te, realtà, chi è che più propriamente ha un dito nel di-dietro?" (ihih). Però io mi chiedevo solo se qui, almeno qui, almeno quando si parla del muro, non sarebbe giusto specificare che si sta parlando della nostra conoscenza del muro...

...grazie per la collaborazione, BUONA SEDUTA!

1 commento:

  1. In queste situazioni io direi che corre spesso in aiuto Kant; più che fatti ed interpretazioni o verità e realtà ci sono fenomeni e cose in sé. I primi dovrebbero tendere verso i secondi, ma non siamo poi così sicuri che lo facciano.

    In questo senso, posso accertarmi che ci sia un muro perché lo percepisco o ci sbatto la testa, ma poi arriverà il solito buontempone che dirà 'il muro (o il cucchiaio, vedi Matrix) non esiste'. In Matrix è pure vero che il muro/cucchiaio non esista, proprio perché al fenomeno è associata un'entità binaria che è tutto tranne che un muro/cucchiaio, ma è solo codice.

    Il fenomeno persiste, in quanto soggettivo (o collettivo), il noumeno... boh! L'argomento filosofico de 'il muro non esiste' può essere formulato in mille modi. Non si avrà mai una risposta filosofica concreta, e credo che dovremo sempre limitarci al fenomeno lo vedo/lo tocco/ci sbatto la testa/lo interpreto.
    La risposta scientifica, invece, fa collassare le interpretazioni sui fatti: una buona interpretazione coglie appieno un fatto, infatti lo spiega pure per il prossimo fatto, per la prossima persona e per il prossimo istante.

    In filosofia credo che non ne usciremo mai. Che gli amici analitici ci provino o meno, con o senza sistemi formali o dimostrazioni rigorose :)

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