martedì 21 febbraio 2012

Sulla luna

A.S. (ante-scriptum) o, se si preferisce, P.S. (prae-scriptum – in tutti i sensi –): prima di leggere tutto, riflettere bene (molto bene) sul P.S. in fondo al post.

(S)prologo
Non penso esista in questo mondo qualcosa di non istruttivo, qualcosa che non apporti la sua piccola ma abbagliante scintilla. Sono invece fermamente convinto che tutti noi non siamo in grado di riconoscere questo fatto, perché con la nostra strepitosa capacità di rimanere "eyes wide shut" e con la nostra 'pelle' di una delicatezza tale che tutti i "full metal jacket" di questa terra non basterebbero a preservarne la delicatezza, preferiamo ristorare e bivaccare in zone umbratili. Zone umbratili nelle quali in fondo, diciamolo dai, il calore ci allieta comunque, dalle quali la luce si vede in ogni caso senza il rischio di abbrustolirsi e tantomeno di sudare.
Per tutti i fulmini di Zeus, neanche ci fossimo serviti tanto ingordamente e ciecamente dal boccale di Dioniso sino al punto da essere sì confusi da berci il boccale, che rimane indigesto, anziché scolarci Dioniso stesso, la cui assimilazione repentina sortirebbe a tutt’altro effetto rispetto ad una difficile digestione! Come ci si può stordire tanto malamente e a tal punto da illudersi di poter godere di una scintilla senza lasciarsi trafiggere, senza abbandonarsi ad essa con tutto il conseguente sudore e le inevitabili bruciature che questo comporta?!
Rannicchiarsi nella propria zona umbratile è chiudersi al mondo, è qualcosa di meschino - e se ciò non basta, che le urlino i letterati quelle parole finali con cui Goethe andava ad occhi spalancati ed impunemente nudo verso quell’attimo finale, buio e spinoso, dell’esistenza: "Mehr Licht! Mehr Licht!" ("Più luce! Più luce!").

Mi rendo conto di essere troppo sul vago – non so se (anzi, so che non) sono in grado di chiarirmi ma provo a tirare su le tapparelle, a far entrare luce, a tentare quantomeno di schiarirmi. Un esempio ‘terra-terra’ (e ‘cartigienica-cartigienica’, perché ne servirà tanta mo’ che il post s’allunga e così pure la seduta…).

Parte 1 – La conferenza
Conferenza intitolata Miti e credenze popolari sulla luna; il relatore è un fisico, simpatico, estremamente competente e molto alla mano. In due ore circa di brillante esposizione dedica un’ora e mezza ad articoli scientifici (per lo più 'teTeschi', 'sviTzeri' e chi è più puntiglioso ed efficiente si aggiunga) volti a mostrare che l’UNICO effetto PRATICAMENTE significativo che la luna esercita sulla Terra TUTTA è la FORZA di MAREA. Per inciso, si tratta – riassume il fisico – di un’attrazione gravitazionale che un oggetto di una certa massa (come la luna) esercita su un altro oggetto (come la Terra) e che varia in maniera particolarmente SENSIBILE a seconda della distanza alla quale si trova il punto che subisce la forza (una forza, quindi, che risulta molto diversa tra i punti nella parte della Terra più vicina e quelli nella parte della Terra più lontana dalla luna in un dato momento).
Non mi dilungo perché poi subentra anche la forza centrifuga di rotazione della Terra su se stessa che, coniugata con l’altra, fa sì che il mare (ma anche la terra se fosse fluida!) si comporti come un’altalena, causando le maree.

Parte 2 – Il pubblico: miti e credenze in forma di zone umbratili
Forte della premessa rigorosa, esposta e ben piantata con la fatica di un’ora e mezza di spiegazioni, l’ultima mezzoretta, invece, il buon fisico mostra una serie di slides nelle quali, per farla breve, si ripete il ritornello: “l’influenza della luna sulle sementi? Cazzate!”, “l’influenza della luna sulla vita vegetale (per es. sui funghi)? Cazzate!”, “l’influenza della luna sulla vita animale (per es. sulla nascita dei bambini)? Cazzate!” e, in definitiva, “l’influenza della luna sulle cazzate? La risposta segue ad abundantiam dalle altre risposte”.
E non finisce qui: questa risposta che dovrebbe seguire dalle altre risposte (cioè che l’influenza della luna sia altissima per quanto riguarda l’armonioso fiorire di cazzate) può essere pure spiegata! Un tempo, infatti, era in uso il calendario lunare, quello coi mesi di 28 giorni, che a lungo andare creava dei problemi, non rispecchiando il tempo reale di rivoluzione della Terra attorno al Sole. Così le stagioni finivano per non coincidere più coi mesi e quei poveri contadini, per le loro coltivazioni – le quali si facevano beffe dell’astrattezza del calendario, vincolate com’erano alla concretezza del periodo caldo e di quello freddo, di quello umido e di quello asciutto –, erano costretti a orientarsi nel tempo facendo affidamento ad altro – alle fasi lunari. Col passare degli anni (ed ecco il punto ‘figo’), la luna potrebbe essere passata – sostiene il fisico – da semplice punto di riferimento calendariale per le semine, la crescita dei funghi, ecc… a vera e propria causa della fertilità delle semine, della nascita dei funghi, ecc… secondo un’operazione concettuale indebita. Pertanto ecco, per il fisico, la cazzata madre di tutte le altre cazzate – un plauso all’idea suggestiva di questo ‘fisicaccio’ erculeo!
Così si chiude la conferenza – così si apre il dilagare della protesta da parte di tutti quelli che erano venuti alla serata, sperando di andarsene con la certezza (vale a dire con la loro porzione bella e pronta di zona umbratile) circa il giorno preciso di luna crescente in cui piantare le proprie patate, circa la notte esatta di luna piena nella quale andare a pesca coi pesci che, con più luce, si muovono per cercare cibo o per riprodursi. Ce n’è per tutti i gusti – se ne sentono delle belle… e il fisico se la ride, se la ride e se la ride ancora – tanto tronfio del suo aver portato luce sulle zone umbratili della gente. Eppure non è necessario aver assimilato la fisica nell’interezza del suo corpus nomologico o aver passato in rassegna tutta la letteratura scientifica sulla luna per essere consapevoli che “ride bene chi ride per ultimo”.

Parte 3 – Il ‘fisicaccio’ erculeo: le colonne d’Ercole in forma di zone umbratili

Dal crescendo di domande formulate e dalle risposte date, è sempre più evidente che il fisico sta accantonando tutto ciò che non corrobora la sua cara e tanto salda concezione fisica. Rilasciamento d’acqua da parte di alcuni tipi di cipolle, riproduzione di vermi (Palola viridis) delle isole Samoa e molto, molto altro che accade in perfetta coincidenza con le fasi lunari – cielo nuvoloso o meno –, viene liquidato come un insieme di casi particolari che non hanno valore innanzi alle leggi universali. Casi particolari che andrebbero meglio spiegati come fenomeni dovuti ad altre norme fisiche (se non biologiche o geologiche o chimiche), rispetto quelle concernenti le forze in gioco tra la Terra ed il suo satellite naturale. Allo stesso tempo si eclissa – il fisico, ovviamente, anche se tale diritto spetterebbe alla luna, oltraggiata nella sua timidezza da tutto questo vociare – dichiarando che non vuole creare questioni e che, indubbiamente, ognuno è libero di avere le proprie opinioni e che, se queste lo aiutano a stare meglio, a credere che le proprie patate avranno più probabilità di crescere meglio se piantate con la luna crescente, faccia pure con tutta libertà. Tutto sommato lui dichiara di non voler scendere a compromessi con la sua deontologia, per la quale sarebbe inutile discorrere e smentire i luoghi comuni o le tradizioni ché tanto chi è fermamente convinto dei propri convincimenti sarà portato a rimanere ben avvinghiato a questi, per una strana forma di sinestesia idiosincratica, per una sorta fallace di memoria indotta (che, tra le righe, si traduce ‘per non metter piede nel mondo insicuro fuori dalle proprie zone umbratili’).
Quindi tutto ciò che va oltre la conoscenza fisica, tutto ciò che si permette d’esistere oltre le colonne d’Ercole, è fantasticheria, suggestione popolare che, sedimentandosi nel tempo, ha dato vita ad una memoria indotta per la quale crediamo a panzane belle e buone. Eppure il rilasciamento d’acqua da parte di alcuni tipi di cipolle, la riproduzione di vermi delle isole Samoa e molto, molto altro che accade in perfetta coincidenza con le fasi lunari continuano imperterriti a comportarsi come sempre di solito si comportano – se ne sbattono di un fisico che se ne sbatte, quando, in realtà, sarebbe molto più sincero non farlo. Infatti tutti questi fenomeni non (ancora) spiegabili con norme fisiche non stanno al di là delle colonne d’Ercole, al di là della nostra conoscenza; in un certo senso, ne possiamo già fare conoscenza, così come la fanno gli indigeni delle isole Samoa che, quando i vermi Palola rilasciano una parte del proprio corpo che sale a galla – in perfetta corrispondenza di ben precise fasi lunari –, organizzano banchetti che dire sontuosi è dire poco (e dire banchetti di prelibatezze, almeno per noi, è dire tanto). Piuttosto è il ‘fisicicaccio’ erculeo che non si vuole spingere al di là delle colonne d’Ercole.
Ma il genitivo (il ‘d apostrofo’) non è casuale nell’espressione: quelle colonne nella realtà non ci sono – sono ‘DI’ Ercole, perché è Ercole che se l’è inventate e, se non le oltrepassa, può starsene beato ché tanto tutto ciò che è ‘al-di-qua’ di quelle lui lo conosce… non è come quello che c’è ‘al-di-là’ di quelle, come ciò che non conosce – destabilizzante. Inutile a questo punto esplicitare claris verbis che ‘sto spazio che si ritaglia il buon fisico, in questo caso, non è molto diverso da una nuova ma pur sempre infelice zona umbratile.

Parte 4 – Al di là delle zone umbratili e dei pipistrelli che vi abitano, gamberi e granchi
Esco dalla conferenza stanco – stanco dei miti e credenze sulla luna, stanco di chi si crea miti e credenze in altro per demolire i miti e credenze sulla luna. Alzo lo sguardo in cielo e c’è lei, lei che, infaticabile e troppo menefreghista per rimproverarci tutti quanti che ossessivamente tanto la RIcerchiamo senza RItrovarla, semplicemente se ne sta lì – la luna. La sua luce è fioca, la sua forza gravitazionale sul mio corpo praticamente irrisoria, il suo effetto in fase crescente potrebbe giovare, nel trapiantar lattughe per esempio, per la tradizione popolare.
In quest’atmosfera, potrei muovere guerra alla mia stanchezza e soffermarmi a pensare la luna nel modo più razionale che il ‘fisicaccio’ erculeo mi potrebbe consigliare oppure nella maniera più pratica e tradizionale come un contadino o un antico navigatore mi spingerebbe a fare. Ma non carpirei la luna, no! E mi scorderei, che oltre tutto ed oltre tutte quelle zone d’ombra, rimane quella sua luce fioca, rimane la possibilità di goderne… di godere la luna. Ciò mi è precluso, però, finché a coccolarmi sono quei sogni di prima, tanto i sogni del pubblico quanto i sogni che si auto-persuadono esser veglia del fisico. Finché carico su di me una di queste prospettive e proseguo dritto, nel vedere le cose in funzione di una di loro, non vedo proprio e non sento proprio la luce e la voce fioche della luna.
Allora voglio andarmene libero nel mondo libero, non rannicchiarmi in zone umbratili: sì, andarmene libero nel mondo libero, cioè non proseguire sempre dritto ma camminare all’indietro e camminare di traverso, se lo voglio, se è necessario. Non si ha molta simpatia per i pipistrelli una volta che si è imparato ad amare i gamberi e i granchi.



Parte 5 – Il giorno dopo: appendici
Si ritira la luna che più non risplende al risplendere dell’alba, che al pari d'Icaro nulla può contro un sole caldo e lucente – è giorno di una nuova conferenza.
Questa volta il tema non ha più nulla a che vedere con miti e credenze popolari sul nostro satellite naturale; si affronta invece la tematica della crisi economica e di come alcune imprese trentine sorprendentemente siano riuscite a ‘tenere botta’ adottando nuove strategie produttive. Nuove strategie produttive banalissime se si vuole – emblematica in merito è la strategia “kaizen” che gira-gira, si riduce sempre al principio “produci una cosa se, dove, quando e come serve”. Eppure nuove strategie produttive che presentano un’efficacia potenzialmente disarmante, distinguendosi dal produrre meccanico ed in serie che ricorre per l’organizzazione all'utilizzo massiccio dei soli dati informatici. Non m’interessa qui dilungarmi a proposito; piuttosto sono stimolato a capire come diamine sia riuscita un’azienda che per anni si è rannicchiata nel proprio sistema produttivo, nella propria zona umbratile, a rivoluzionarsi ed aprirsi ad altro, a quella luce ancora terribilmente fioca che s’inizia ad intravedere del mondo della produzione post-crisi economica. Ora, sarà per via del rigurgito delle questioni affrontate la sera precedente ma mi pare proprio che tutto questo possa avere molte affinità col discorso sulle zone umbratili.
Allora come diamine riesce un’azienda a rivoluzionare il proprio sistema produttivo, ad aprirsi ad un nuovo mondo? Muovendosi “come granchi” – è la risposta di Edward De Bono, il padre del “pensiero laterale”.

Ci sono problemi che sembrano macigni messi in mezzo alla strada: se provi a prenderli di punta, ci sbatti la testa contro. E per Edward De Bono la colpa «è tutta della banda dei tre, Socrate, Platone e Aristotele, gli inventori del "pensiero verticale" basato sulla logica deduttiva». E allora? «Allora occorre imparare a pensare nello stesso modo in cui cammina un granchio: di lato» De Bono racconta la storia di Cenerentola. La cattivissima matrigna la sottopone a una prova impossibile: «Da questi sassi sul terreno ne prenderò 9 neri e 1 bianco. Se pescherai dal sacchetto un sasso nero verrai relegata nella torre, se troverai quello bianco sposerai il principe». Ma la matrigna è ancor più perfida e nel sacchetto mette dieci sassi neri. Cenerentola se ne accorge ma non può smascherarla. Come farà a dimostrare d' aver pescato il sasso bianco? «Provate un po' a risolvere il problema con il pensiero verticale», sfida De Bono, «non arriverete da nessuna parte». «[…] Mentre il pensiero verticale è guidato dalla logica, quello laterale si serve anche della logica, a volte procedendo a ritroso da una conclusione intuita precedentemente». E così Cenerentola se la cava. «Esattamente. Si finge maldestra e, pescando il sasso dal sacchetto, lo fa cadere a terra tra gli altri sassi bianchi e neri. Ed ora - tuona la matrigna - come faremo a sapere di che colore era? Semplice - risponde la bella - contando i sassi rimasti nel sacchetto: se sono tutti neri significa che ho pescato quello bianco». Geniale. Funziona anche in azienda? «In un' acciaieria del Sudafrica, adottando il mio metodo, hanno realizzato 21 mila nuove idee creative […]
(Fonte: [http://archiviostorico.corriere.it/2007/ottobre/26/aziende_creative_muovono_come_granchi_co_9_071026066.shtml])

Oltre a consigliare la lettura dell’articoletto che è davvero interessante (e ad approfondire sul “kaizen” che in realtà è una gran figata!), non voglio di certo sostenere che sia giusto fare del “pensiero laterale” un nuovo dogma, contro il “pensiero verticale” della tradizione e contro il “pensiero verticale” della ragione.
Tuttavia mi piacerebbe ribadire che è infinitamente stupido trincerarsi in zone umbratili ed affrontare poi il mondo prendendo la propria prospettiva e tirando dritto con questa – bisognerebbe essere più ciechi dei pipistrelli (ché persino loro un po’ ci vedono) per perder sé, e con sé il mondo, in manovre del genere da ritiro immediato della patente (da parte non della polizia ma del fosso o del paletto contro il quale inevitabilmente si va a finire).
Molto più produttivo e remunerante, invece, sarebbe l’aprirsi al mondo, l’andare liberi nel mondo libero, cosa fattibile adottando dei modi che permettano di muoversi nel mondo in tutte le direzioni, in tutte le sue parti (e non solo all’interno della propria zona umbratile). Senza timore di venir paragonati a gamberi, optando di camminare all’indietro per un po’, o a granchi, scegliendo di camminare di traverso per un altro po’, come questo signor De Bono o la Toyota (che sta convertendo la sua strategia produttiva secondo i dettami del “kaizen”); sempre e comunque in cammino nel e verso il mondo – “
Mehr Licht! Mehr Licht!”.

Buona seduta!

P.S. (al poveretto che non si è letto tutto): fai come se non avessi mai aperto questa pagina (consiglio spassionato!) o, al massimo, salta al P.P.P.S. finché sei in tempo (dammi retta!).

P.P.S. (al poveretto che si è letto tutto): ora non so come comportarmi con te. Conosci un termine più forte per dire “scusa”? Bene, elevalo usando come esponente la somma di tutte le parole che ho sfruttato in questo testo ed avrai la giusta espressione con la quale dovrei rivolgermi a te, per rammaricarmi di essere stato tanto prolisso. Mi rendo conto che, poi, la stessa operazione andrebbe fatta per chiederti scusa, per averti costretto a fare salti mortali entro un simile condensato dove sono raggruppati concetti che, a prima vista (e forse anche un po’ dopo la prima), non si collegano proprio per niente, oltre ad essere argomentati blandamente… che ci vuoi fare! Sappi perdonare la mente malata di uno studente perdigiorno (che si rifugia dietro l’ammissione di avere una mente malata solo perché sa che il vero pazzo non lo ammette mai e così lui, ammettendolo, conta di fregare tutti sulla sua vera natura =P). In ogni caso, ci tengo a precisare alcuni punti con delle note che potrebbero servire pure a te per fare chiarezza su tutta ‘sta roba scritta (ma se devono complicarti la vita, salta pure ché non è qualcosa di essenziale):
(A) Parte 1 – La conferenza: mi riferisco a questo evento [http://www.unitn.it/en/scienze/evento/21053/miti-e-credenze-popolari-sulla-luna];
(B) Parte 2 – Il pubblico: miti e credenze in forma di zone umbratili: come lo stesso ‘fisicaccio’ erculeo sottolineava, purtroppo molte credenze sulla luna ‘hanno le gambe corte’ e si contraddicono se comparate tra loro. Non faccio link particolari ma è sufficiente fare un giro rapido su internet per vedere che, per esempio, in Francia il taglio della legna è fatto con luna calante, in Italia con luna crescente, secondo altri il contrario e così via dicendo anche per buona parte delle altre credenze;
(C) Parte 3 – Il ‘fisicaccio’ erculeo: le colonne d’Ercole in forma di zone umbratili: la tesi di fondo che si sostiene è ovviamente troppo perspicace per essere stata pensata da me. Se non ricordo male, infatti, mi pare che in filosofia della scienza già Kuhn e Feyerabend avevano descritto in maniera molto eloquente come (mi tocca parafrasare ma il senso penso sia quello) lo scienziato si ponga davanti ad una legge scientifica attraverso un rapporto non troppo differente da quello di tipo fedeistico, come ci si porrebbe dinnanzi ad una credenza;
(D) Parte 4 – Al di là delle zone umbratili e dei pipistrelli che vi vivono, gamberi e granchi: mai sottovalutare le idee che potrebbero baluginare nella mente alla lettura di un libricino vecchissimo quale lo sconosciutissimo Bertoldo e Bertoldino, scritto da un autore del ‘500 (tal Giulio Cesare Croce) e riguardante le divertenti malefatte di un contadino ‘grezzolotto’ (Bertoldo) alla corte del re Alboino (vedi P.P.P.S.);
(E) Parte 5 – Il giorno dopo: appendici: mi riferisco a questa rassegna stampa [http://www.trentinosviluppo.it/Contenuti-istituzionali/Press-room/Comunicati-stampa/Kaizen-in-Tama-crescono-produtivita-37-e-soddisfazione-delle-persone].

P.P.P.S. (a qualsiasi tipo di poveretto): vorrei proporre un giochino (!) =) No, non è il contentino per il poveretto che arriva qui dopo aver letto il P.S..
È invece un giochino serio, che a me personalmente ha spiazzato – e del quale ancora non ne sono venuto a capo!
Si tratta di pensare un commento, una storia, una favola, un’opera teatrale, quel che si vuole, insomma, basta che risponda ad una domanda: ma perché il gambero cammina all’indietro (anche se poi la scienza lo ha confutato) ed il granchio cammina di traverso? Sì, ok: sembra stupido ma mi pare che ogni tanto faccia bene stimolare la fantasia e, in più, senza fantasia sarà ben difficile riuscire a capire come diamine possiamo camminare all’indietro o camminare di traverso fin da subito. Per stuzzicare ulteriormente, chiudo questa volta definitivamente il post riportando un esempio di storiella buffa su gamberi e granchi:

Diceva mio padre che, quando le bestie parlavano, il gambero e il granchio, amici cari, disposero di andare per il mondo a vedere come si viveva negli altri paesi. Il gambero allora camminava all’innanzi, come fa l’altro bestiame, e similmente il granchio non andava per traverso come al presente. Or costoro, partitisi dalle paterne case, andarono molto tempo girando il mondo, e prima capitarono nel regno delle cavallette, poi passarono in quello delle lucertole, che confina con quello del re dei parpaglioni, e così girando gran parte della terra videro i vari costumi di quelle bestiole. Alfine, una sera, giunsero nel paese degli scoiattoli, e perché fra gli scoiattoli e le donnole v’era gran guerra per essere tra loro confinanti, si stava in arme dall’una e dall’altra parte.
Arrivati questi due compagni in simile luogo, furono scoperti dalle guardie degli scoiattoli e tolti per due spie: presi e legati, vennero condotti davanti al Capitano, il quale, dopo averli esaminati minutamente, non trovò in essi altro se non che, desiderosi di vedere il mondo, eran giunti in quelle parti, e che come forestieri non erano informati di cosa alcuna.
Siccome desideravano di esser posti in libertà e di tornarsene in patria loro, oppure d’essere assoldati in quell’esercito di scoiattoli, il Capitano, parendogli esser bestie da fazione, (per aver tanti piedi e tante braccia) li accettò al suo servizio, ordinando di far passar loro la paga.
Ora avvenne che essendo mandato il gambero a spiare ciò che si faceva nel campo dei nemici, (come quegli ch’era nuovo personaggio in quel paese, e che camminando con gran silenzio e spesso coprendosi tutto sotto la coda, non sarebbe scoperto facilmente) se ne andò animosamente e trovando le guardie che dormivano, passò avanti e andò fino al padiglione del donnolotto, pensando che ivi ancora si dormisse. Ma il meschino ebbe mala fortuna, perché ivi erano intenti a giuocare a santi e palle; onde nel porre che fece il capo dentro, fu veduto da uno di quei soldati, il quale, cheto, si levò da giuocare, di che il povero gambero non si avvide e presa una stanga, gli tirò siffatto colpo sul capo da stordirlo in maniera che pareva morto, e se egli non fosse stato protetto dalle sue solite armi, il cervello gli sarebbe andato a spasso. Colui che lo percosse, non sapendo che fosse una spia, ma credendo che ivi fosse capitato a caso, (non avendo mostaccio da spia), credendolo morto, lo prese per le corna e lo gettò in un fosso, e senz’altro sospetto si rimise a giocare.
Ora ritornato il misero in se stesso, né potendo sollevare il capo per la gran percossa avuta, giurò di non volere entrare in luogo alcuno col capo innanzi, ma di camminare colla coda, per cui se gli venissero date delle busse, piuttosto gli fossero date sulla schiena che sulla testa.
Così tornato al campo, fece la relazione di quanto gli era accaduto, e come le guardie dormivano, ma che nel padiglione si vegliava; onde il Capitano fece quietamente armare le sue schiere e andò ad assaltare il nemico e preso il padiglione, uccise tutti quelli che vi erano dentro, vendicando il gambero, il quale, per non trovarsi più in simili rischi disse al granchio:
- Andiamocene con Dio, perché la guerra non fa per noi.
- Ma come fuggiremo – disse il granchio – affinché non sieno vedute le nostre pedate?
- Tu camminerai per traverso – disse il gambero – ed io all’indietro.
Piacque la proposta al granchio, che subito si levò in punta di piedi e gentilmente cominciò a camminare di traverso con tanta prestezza, che il gambero appena appena poteva stargli dietro. Così partirono dal campo, e mai gli scoiattoli poterono sapere dove fossero andati, per lo stravagante camminare che facevano. […]


G. C. Croce, Bertoldo e Bertoldino, Universale economica, Milano, 1949, pp. 37-8.

5 commenti:

  1. A.S. Ho suddiviso il commento in due, perché blogspot non consente più di 4.096 caratteri. Sempre molto meglio di facebook. Perchè 4.096 e non 4.100? Beh, perché... si rappresenta con un bit in meno. Del resto... quanto fa 2^12? ;)

    PARTE I

    “Un gran bel modo di sentirsi, filosoficamente, storditi”. Io lo considero un gran complimento, non che vada tanto apprezzato, dal momento in cui non viene da una personalità importante, ma tant'è, io dico così (also sprach Monti).

    Ho ovviamente letto il post in ordine sparso, o forse nell'ordine corretto (obbligato, rispettando le regole del testo, ma neanche troppo, perché rifiutando enunciati del testo riferiti al testo stesso mi sarei comunque potuto impuntare e leggere il tutto in ordine, cosa che ora posso comunque rifare ora, dopo aver acquisito già chiara in mente la struttura), anche perché, rispettando l'A.S., sono giunto prima al P.S. e poi al 3PS., ripartendo poi daccapo e leggendo le parti mancanti in maniera verticale. Che l'intero post andasse letto orizzontalmente?

    Non so che dire che possa avere anche un inizio ed una fine. Di spunti ne lanci tanti, di stimoli ce ne sono una marea (perché granchi e gamberi, quando non camminano, stanno in acqua), e sono tutti ben radicati nella tua esperienza vissuta; hai pure provato a linkarla coi P.S., quasi a farne una bibliografia dell'esperienza – che poi spesso vale molto di più di una bibliografia, ma 'sti filosofi accademici preferiscono i testi all'esperienza, perché possono ben controllare i primi (che spesso dicono cazzate) mentre non hanno tempo né voglia per verificare la seconda (ben più feconda, ma un professore prende lo stipendio anche se ti parla via mail parlandoti di roba che ha già letto e non si confronta, quindi chi cazzo glie lo fa fare?).
    Questi spunti mi ricordano molto come penso io, tra una conferenza e l'altra, tra una lettura ed una chiacchierata, che poi impiego ore a cercare di fare un collage, ed infine mi viene in mente di elaborare, sminuzzare e ricomporre i pezzi del puzzle e scrivere un bel post... e poi abbandono tutto per mancanza di tempo o perché non riesco a dargli una forma che mi soddisfi compiutamente. Fuuuuuu....

    Lo stordimento si manifesta qui. Non per chiedere “Mehr Licht!”, ma perché non so di preciso cosa illuminare. Da un lato le zone umbratili ogni tanto ci servono, anche perché altrimenti non avremmo neppure un modo di pensare, né un'idea, né un'opinione su qualcosa, dall'altro è palese che bivaccare (“camperare”, per usare un neologismo da FPS) è di certo la cosa più meschina per il filosofo. Posso aggiungere, se non ti dispiace, una mia idea sulle lucine colorate dell'albero di Natale, prendendo spunto da queste tue parole. Direi che bisogna fare come in quei led con diversi programmi di intermittenza, bisogna pigiare il pulsante finché non si trova il giusto equilibrio tra momenti di buio e lucine accese. Non troppo frequenti, perché inducono a schizofrenia intellettuale, roba che in tre secondi finisci per credere e non credere e credere di nuovo nell'oroscopo (e poi cambiare idea), e convincerti che la luna influenza e non influenza il comportamento dei lupi. Ma, dopo una rapida suggestione che non sembra nemmeno una riflessione, ti accorgi che la luna influenza di certo il comportamento dei lupi. Ma solo quelli mannari. Che però esistono. E invece no! [...]

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  2. PARTE II

    Bisogna anche star attenti a non tenere le luci accese fisse. Senza zone d'ombra si vive dentro un laboratorio senza formulare ipotesi, si lavora e si suda e si fanno esperienze continue ma non si costruisce una base teorica. Questo da grande inquietudine ad alcuni, mentre lascia indifferente chi non si pone neppure il problema. Tutti gli atei 'ignoranti' (la differenza non è tra chi crede e chi non crede, continuo a citare, ma tra chi pensa e chi non pensa) hanno la luce del relativismo sempre accesa – e se ne fottono se sono sempre nel nichilismo assoluto: finché si guadagna e si scopa la vita va bene, anche senza appigli del pensiero. Non credono neanche a quello che hanno mangiato ieri a cena, ma gli basta sentire la pancia piena, tutto il resto sono seghe mentali.
    Ma bisogna far attenzione, soprattutto, come illustri compiutamente tu, a non staccare la corrente. Sennò l'albero non funziona, ed il filosofo non pensa! Quindi chi credeva crede anche dopo la conferenza – sia che si creda nella fisica che nelle cipolle lunari.

    Ecco, con una buona alternanza (non ce n'è una oggettivamente buona, credo che ognuno debba trovare la sua) si può fare della buona filosofia, e pure illuminare gradevolmente l'albero di casa. Un po' si specula, un po' si indaga, un po' si legge ed un po' si scrive.

    Il fisico delle dodici fatiche di cui tu parli, pure lui è rimasto nella sua zona d'ombra. Una zona d'ombra notevolissima, direi fondamentale, non per essere volgare, ma “viva la fisica”. Ma per i greci bastavano appunto dodici fatiche per essere reintegrati definitivamente tra gli Dei (tredici fatiche, se sei in un mitico episodio di Asterix), nella vita non bastano dodici leggi scientifiche per tornare nell'ombra perenne delle virtù greche, del bene assoluto, del bello e del buono. Zeus insomma non sta sempre a cercar donne come una volta, ma ogni tanto ti illumina. Per questo gioco con la brontologia, lo studio esoterico dei tuoni! Sai che rumore... e poi (anzi, e prima)... che luce!
    Ecco, io non direi, con l'ardire di certi filosofi, che per una cipolla o un verme devo buttare nel cestino tutta la fisica; va cercato (anzi, va trovato) un compromesso di volta in volta, ringraziando la fisica e ringraziando le cipolle, senza essere neppure troppo critici – e, se si è troppo critici, l'importante è farlo per divertirsi, e non per appesantire o rompere il cazzo. Credo che la filosofia debba saper sorridere più spesso!

    Ecco, forse il rischio è uscire dalla conferenza un po' stanchi, visto che la luna resta sempre lì. Ma del resto è questo il peccato di noialtri filosofi: la filosofia non serve a nulla, parla per ore della luna, ma essa resta lì. Ecco, è la stessa cosa del mio stordimento in fondo a questo post. Ben scritto, molto divertente, sono arrivato in fondo senza voler scrivere neppure un commento, che avrei aggiunto solo cazzate inutili. Forse l'ho fatto davvero, ma credo che l'importante sia proprio questo sviluppare, questo parlarne. Perché uno alla fine le idee più chiare almeno se le fa. Alla fine della conferenza, se vuoi ancora credere nelle lattughe o nei lupi mannari, sei libero di farlo – e questo è il bello.

    Ma è ancora più bello e stimolante pensare che se non fossi stato ad una conferenza*, o se non avessi letto un libro, o se non avessi letto un post... ti saresti perso qualcosa, ed avresti perso un valido momento per pensare. Se c'è un po' di stordimento, alla fine, o di stanchezza... credo che ne valga sempre la pena, se ciò fa pensare!

    Chiedo scusa anch'io per il commento confusionario ed incompleto. Buona seduta!

    *(+1, di cui non ho parlato per mancanza di tempo ed informazioni sul kaizen – che comunque mi confermi che non è una parolaccia neppure se usato come “mi stai sul kaizen” o “di che kaizen stai parlando?”)

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  3. A.S.: "quanto fa 2^12?"... in Fb penso faccia 24 =P W i 4096 di Blogger =)

    Ciao Mò!

    In primis, GRAZIE DI CUORE per il commento - che mi piace molto e mi offre tanti spunti interessanti. Ci tengo a precisare quel "di cuore" perché non so bene ma ho la sensazione di essermi un poco esposto in questo post, di essermi un poco schierato - cosa che faccio raramente perché, perché mi sento di fare così -; e confrontarmi in certi campi mi serve molto.

    Non ti nascondo che, alla conferenza del fisico, ho pensato più volte "chissà che diamine penserebbe Monti ora in merito all'atteggiamento di questo tizio?". In più ammetto che anche io stavo per rinunciare al post perché fare dei collage del genere porta via tempo e crea eccessivo (davvero eccessivo) stordimento - l'hai detta proprio giusta. Ed ancora: grazie per l'"idea sulle lucine colorate dell'albero di Natale"...

    ... ora, se non ti dispiace, Mò, mi prendo qualche giorno (ché fino al week-end sono pieno-zeppo di lezioni) perché vorrei rileggermi almeno un paio di volte il tuo commento, somatizzarlo e risponderti degnamente ;)

    Nel mentre, pensa al "giochino" ad una storiella sul gambero e sul granchio ché ne aspetto qualcuna bella, eh *_*

    Buona seduta!

    P.S.: ahah, "kaizen" non dovrebbe essere una parolaccia... ma non te lo confermo però, eh: essendo un metodo strategico nuovo nuovo, dovesse rivelarsi un bluff, potrebbe esser preso nel senso di "ma che metodo del KAIZEN"! In più, anche se dovesse rivelarsi una bomba, forse toccherebbe cambiargli il nome perché "W il KAIZEN" non suona così bene come "W la FISICA" =P

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  4. Mò!
    Dunque tento di risponderti – chiedendoti scusa perché non posso far appello alla mia esperienza ora, ché le osservazioni e gli interrogativi che sollevi sono in parte anche osservazioni ed interrogativi miei, oltre i quali non saprei andare. Spero di non aver troppo frainteso il tuo bel commento…

    (1)
    “[…] Lo stordimento si manifesta qui. Non per chiedere “Mehr Licht!”, ma perché non so di preciso cosa illuminare […]”. Cosa illuminare? Eh, mi hai sconfitto: non lo so e nemmeno lo potrei sapere – ché, prima d’illuminarla, non vedo in tutta chiarezza questa cosa da illuminare. Forse questa mancanza di precisione mi potrebbe lasciare stordito – è vero. Ma forse questa mancanza di precisione potrebbe costituire una fonte di continua meraviglia… di meraviglia sempre maggiore, se penso che, in fin dei conti, io di luce non ne produco poi tanta e, perciò, non ho bisogno di faticare troppo per illuminare e vedere illuminate le cose. In virtù di questo infine, che l’effetto in me sia stordimento o meraviglia, che sappia di preciso o meno cosa illuminare/cos’è illuminato, forse non è poi così importante; o almeno non è poi così importante come il VIVERE le cose (e qui penso che siamo più che in sintonia, Mò;), VIVERE le cose fuori dalle zone d’ombra.
    Per paura di non spiegarmi bene, rispolvero nella memoria una vecchia storiella che diceva Arena (a proposito del discepolo Zen che si sente/si crede parzialmente ILLUMINATO – lascio a te la possibilità di fare un eventuale parallelo con la tua – ancora – validissima traduzione di Carnap sulla “Realtà del mondo esterno” che avevi fatto per la – ancora – bellissimissima “La lapide”):

    “Per coloro che non sanno nulla dello Zen le montagne sono soltanto montagne, gli alberi soltanto alberi, gli uomini soltanto uomini. Dopo avere studiato lo Zen per qualche tempo, uno giunge a percepire la vanità e fugacità di tutte le forme, e le montagne non sono più montagne, gli alberi non sono più alberi, gli uomini non sono più uomini; giacché mentre l’ignorante crede nella realtà oggettiva delle cose, chi è parzialmente illuminato vede che esse sono soltanto apparenze, che non hanno nessuna durevole realtà e trascorrono come nuvole in fuga. Ma, conclude la parabola, per colui che ha compreso pienamente lo Zen le montagne sono di nuovo montagne, gli alberi sono alberi e gli uomini sono uomini” (Del nonsense. Tra Oriente e Occidente, L. V. Arena, Quattroventi, Urbino, 2000, p. 49).

    (2)
    “[…] Da un lato le zone umbratili ogni tanto ci servono, anche perché altrimenti non avremmo neppure un modo di pensare, né un'idea, né un'opinione su qualcosa […]”… Caspita, hai ben ragione! In questo punto mi sono spiegato molto male: non volevo proprio fare piazza pulita d’ogni modo di pensare, di qualsiasi idea o opinione. Volevo solo dire: attenzione a come ci rapportiamo al nostro modo di pensare, a come ci avvinghiamo a certe idee a come tiriamo dritti per la nostra strada con la ‘nostra’ opinione, senza dare una sbirciatina di fianco e di dietro. Ma penso tu mi abbia inteso pure in quest’intenzione (che diamine! Possono bastare un paio di strudel, se te li spedisco perché non solo hai avuto la pazienza di leggere tutto ma addirittura di capire il post oltre le imprecisioni?!). Comunque, non vorrei fare il disertore del pensiero e di qualsivoglia zona d’ombra, ma pensare è bello e tutto, eppure noi, come Porthos, delle volte non siamo proprio dei geni a capire se, come e fino a che punto pensare: da 02:00 a 03:15 [http://www.youtube.com/watch?v=TFB5t-XEg9w].

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  5. (3)
    “[…] Bisogna anche star attenti a non tenere le luci accese fisse. Senza zone d'ombra si vive dentro un laboratorio senza formulare ipotesi, si lavora e si suda e si fanno esperienze continue ma non si costruisce una base teorica […]”… Mmm, ci rifletterò su – promesso! Ma ora, siccome sono d’accordissimo che…

    (4)
    … “la filosofia debba saper sorridere più spesso!” (grande cit., buon Mò! da segnare!), chiudo qualsiasi tipo di libro e smetto con qualsivoglia riflessione pseudo-filosofica e vado in convento, così che possa richiedere a “s(u)or Ridere più sp(a)esso” per il week-end ;)

    Grazie per le belle occasioni di riflessione, Mò.
    Buon week-end e buona seduta, mitico!

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